Viaggiare

Scrivere storie è come compiere un viaggio dentro noi stessi alla scoperta di quel qualcosa che ci era sconosciuto e, diventando i personaggi delle nostre avventure, scriviamo storie. Storie che sanguinano. Storie che ridono. Storie che piangono. Storie capaci di emozionare e far sognare, se si è in grado di trascinare il lettore dentro quelle immagini e parole...

I fedelissimi

venerdì 20 agosto 2010

LADY DOLL - Recensione


Ho trovato sul forum del Papersera (a questo link) la recensione su Lady Doll che vi posto e lascio a voi ogni commento...

Scritta da Nubulina che tratta soprattutto la storia:

La banalità della trama può essere paragonata solo all'originalità dello sviluppo del soggetto.
Protagonista una bimba ricca, ma deturpata nel volto, un padre snaturato e arrivista, una madre fonte di ogni ricchezza ma malata... ogni ingrediente sembrerebbe parte di un romanzetto d'appendice di fine ottocento... invece... fin dalle prime battute di questo incantevole fumetto la penna affilata di Daniele Vessella affonda là dove l'animo umano diviene più crudele e attraversa ogni piano di lettura fino a toccare il cuore di colui che sta di fronte alle illustrazioni.
Se, come ho accennato prima il piano narrativo è banale, una serie di eventi che si anticipano e si presentano l'un l'altro, la caratterizzazioni dei personaggi è di una veridicità unica.
In primo piano Gaja, bimba bellissima e ricchissima, se non fosse per una malformazione che la rende inguardabile in quella parte del corpo che è più importante: il volto.
Gaja è isolata dal mondo, vive nella sua stanza, in un esilio volontario,
insieme a un numero imprecisato di bambole, di pezza, di porcellana, ben vestite e ognuna di esse ha un nome, bambole come amiche, bambole come figlie e infine bambole come madre.
La personalità della bambina è molto ben delineata, determinata e conscia di ciò che vuole dalla vita, che non è un affetto reale, non sono degli amici, non sembra mai, neppure per un istante desiderare la compagnia di altri bambini, la vediamo contenta solo con le bambole e con sua madre.
Daniele riesce attraverso i dialoghi, purtroppo tradito dai disegni non sempre all'altezza, a farci piano piano entrare in punta di piedi nel mondo di Gaja, un mondo fantastico, in cui lei è felice e contenta, dove il mondo è come lo desidera e non le manca niente.
Il mondo esterno vuole risucchiarla a sè per disintergrare, forse, quell'angolo di paradiso onirico in cui la malvagità e la cattiveria, l'ambiguità e il vizio non esistono.
Unico passaggio tra i due mondi la madre che ha generato Gaja e ha creato le bambole in parte costruendole con le proprie mani, in parte regalandole alla bimba. La figura della madre è quasi uno stereotipo, giovane donna ricca che sposa il contadino povero, si ammala gravemente, genera una figlia sfigurata, si ammala e muore per mano del marito che vuole ereditare la di lei fortuna.
Necessaria solo a fornire il primo seme da cui germoglierà tutto il mondo di Gaja, piccola pianta che la bimba curerà farà divenire un immensa foresta, solo a lei accessibile.
Dov'è allora la particolarità del personaggio? A mio avviso nella quasi totale inutilità, una donna spogliata di tutte le qualità, un deus ex machina mancato, un elemento che porta la speranza e che sembra ricondurre tutto alla patina del lieto fine...ma viene recisa come un fiore appassito per mano del marito che non vede l'ora di diventare unico possessore dell'infinito patrimonio.
Infine il padre, privo di ogni moralità, indegno di rivestire il ruolo di genitore, perso nel vizio e nella perdizione, sarà di fatto l'unico che avrà il privilegio di avere la porta aperta per entrare nel mondo di Gaja. Commovente la bimba che insonne, vuol far dormire la sua bambola, ma non riuscendoci prova a cercare il padre perchè forse lui potrebbe riuscirci. Povera piccola Gaja, una prostituta sulle sue gambe, una prostituta tra le sue braccia è quella che vede, non sua madre. In quel momento la porta del mondo di Gaja verrà definitivamente chiusa al mondo intero e la consapevolezza che il vero mondo, la vera famiglia, le vere amiche sono solo le bambole.
Se questa è la descrizione dei personaggi principali, molti sono i temi trattati, dei tanti sui quali varrebbe la pena soffermarsi scelgo il tema dell' ambiguità dei bambini della classe in cui Gaja dovrebbe fermarsi per un mese, ma che vedrà soltanto per pochi minuti, pochi minuti che le mostreranno ancora una volta la cattiveria innata e la pena inutile degli uomini.
Bimbi con la faccia d'angelo, seduti al banco, la salutano in un coro di voci Bianche con sorrisi che diventano ghigni non appena la maestra si apparta e la cattiveria prende il sopravvento, ma Gaja reagisce tornando a casa sua nel suo mondo e loro impotenti- poveri stupidi- non possono che relegarla nel mondo dei matti, forse consci che i veri matti son loro, costretti a divertirsi come la società impone loro.
Dunque una critica alla modernità che con gli stereotipi di bellezza e di socialità impone a tutti di essere uno fotocopia dell'altro, senza dar corpo ai propri sogni senza combattere per realizzarli.
Gaja crescerà e da quel che ci è dato capire diverrà intelligente e userà le sue qualità e la sua esperienza per proteggere il mondo che tanto ama e che tanto la rende felice.
Quale sarà il prezzo da pagare lo sa solo il suo creatore che a breve lo svelerà anche a noi.